Colico - Guida Turistica

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.: DA VEDERE
 Di notevole importanza sono inoltre i due Forti militari costruiti su due dei tre montecchi di cui Colico dispone, Il Forte di Fuentes e il Forte Lusardi . Il primo, di epoca spagnola, fu costruito per volontà del Conte Acevedo di Fuentes nel 1603 in un punto molto strategico da cui si controllavano Valchiavenna, Valtellina e l'intero Lago superiore. Distrutto poi da Napoleone stesso su richiesta dei vicini Grigioni nel 1796, da allora ha avuto funzioni esclusivamente agricole. Aperto al pubblico dall'estate del 1997. Il secondo forte di Colico fu costruito dall'Esercito Italiano tra il 1911 e il 1914, per l'entrata in guerra dell'Italia durante la Prima Guerra Mondiale. Fa parte della Linea Cadorna, la linea difensiva creata dall'Italia per difendere il suo territorio in caso di invasione. Fortunatamente il forte rimase sempre inattivo, a causa delle mancate invasioni austriache e tedesche nella zona dell'alto Lario. Per questo motivo i suoi interni e i suoi armamenti (quattro cannoni Schneider 149/35) sono tuttora integri e visitabili. Da vedere anche la Chiesa di San Nicolao (XI secolo), sorta su un edificio preesistente, con un campanile ricostruito nel settecento dopo il crollo di quello originario, e il chiostro della metà del duecento (restaurato recentemente), in cui si fondono elementi romanici e gotici, circondato da un bel quadriportico in marmi bianchi e neri.
Priorato di Piona
  Il complesso architettonico costituente il Priorato di Piona, generalmente conosciuto come Abbazia di Piona, si trova sulla sponda lecchese del lago di Como nel territorio del comune di Colico. L'abbazia è inserita in un paesaggio di eccezionale e struggente bellezza, sulla punta di una piccola penisola, l'Olgiasca, che, come un dito adunco, si insinua nel lago creando un'insenatura che le aggiunge fascino. È un ambiente ancora incontaminato ed ombroso che richiama tempi lontani, tempi di preghiere e meditazioni ma anche tempi di paure e lotte in cui fazioni avverse si contendevano un potere sempre effimero. Era il medioevo più pieno, autentico ed antico quello in cui sorse la primitiva chiesa di Santa Giustina cui seguirà, alcuni secoli dopo, il priorato vero e proprio, con il suo complesso abbaziale, parte di quella rete politico-religiosa che faceva capo a Cluny ed al suo movimento riformatore. Il posto, per quanto decentrato si trovava lungo una rotta militare di capitale importanza nelle guerre dell'epoca, importanza che mantenne anche in età moderna e contemporanea e per il cui possesso si schierarono eserciti locali, regali ed imperiali.
  Si tratta della strada che collega, attraverso la Valtellina, il milanese e quindi l'Italia centro-settentrionale all'Europa e che per questo rivestiva un'importanza strategica decisiva. Il suo possesso assicurava a quanti ne avevano il controllo la porta d'accesso più agevole verso il cuore dell'Europa. Così fu per i Celti poi per i Romani, i Longobardi, i Franchi, gli Ottonidi per arrivare a Carlo V che attraverso essa univa la Spagna alle Fiandre, per finire con i napoleonici ed, in tempi più recenti, con le truppe naziste in rotta verso la Germania sconfitta. Tra questa strada ed il priorato si erge il promontorio del Montecchio che lo nasconde e ne rende difficile il raggiungimento. Forse il clangore degli eserciti riuscì a interrompere i silenzio mistico che circondava l'abbazia o forse questa non si era accorta di quanto la storia andava svolgendole attorno, quasi timorosa di disturbare quella quiete irreale in cui è tuttora immersa e di offendere le lodi e i canti gregoriani che, unici suoni, ne rompevano il silenzio o, per meglio dire, la taciturnitas della vita monastica